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L’Ospedale delle bambole

Oggi vorrei scrivere un articolo abbastanza particolare, soprattutto in questo periodo dove si parla, purtroppo quotidianamente, di ospedali e di morti.

Il tema è lo stesso ma in una veste diversa e molto più “leggera”.

Vorrei citare la cosiddetta “dottoressa delle bambole”, Greta Canalis. Questa giovane donna proviene da una famiglia di artigiani. Il suo laboratorio è situato a Torino. È un piccolissimo locale, un salottino come lei lo definisce.  

Le bambole dei nostri ricordi, che ci hanno accompagnato nella nostra infanzia e hanno bisogno di essere restaurate trovano un ambiente consono a loro.

Sembrerebbe  a prima vista un lavoro facile ma i materiali di una volta, come lei comunica, erano di recupero, tipo celluloide, cartapesta, paglia, quindi il ridare nuova vita non è così semplice.

Quello che è interessante è la storia che è legata dietro alle bambole. La persona che accede al negozio per il restauro racconta sempre il legame con la bambola. La sua storia viene raccontata e Greta, ascoltatrice di questa, dice che è difficile, per un adulto,  riportare nel dialogo le emozioni per cui ne fa veramente tesoro di questo.  Riparare bambole è più di un lavoro. «Dentro ci sono i ricordi delle persone – spiega Greta – e ridare vita a una bambola significa mantenere vive le emozioni che ci portiamo nel cuore».

La clientela in negozio è varia. Le bambine hanno una sorta di “precedenza”. «Quando mi lasciano la bambola, i loro occhi si riempiono di tristezza. E’ come se si separassero dalla sorellina. Per cui non posso deluderle e devo anche fare in fretta». Ma ci sono anche anziane che arrivano con oggetti che racchiudono storie toccanti. «Una signora mi portò una bambola con indosso i vestitini della figlia, morta quando era piccola. In quegli istanti capisci che stai lavorando a contatto con sentimenti fortissimi».

Greta restaura bambole, peluche, orsacchiotti e tutti quei giochi che hanno riempito gli anni più spensierati di ognuno di noi.

E pensare che da piccola, mentre giocava nelle campagne della sua Tonengo, nel Canavese, Greta non aveva poi tutta questa grande passione per le bambole. «Mi piacevano, certo. Ma ero come tutte le altre bimbe». Ora, invece, sono parte della mia vita».

Ci sono altri Ospedali per le bambole sparsi per l’Italia ma questa sarà un’altra Storia.



Tratto da:

https://www.cronacaqui.it/greta-dottoressa-delle-bambole-cosi-rivivono-sogni-delle-bimbe/

La pediofobia

Sembra quasi impossibile che oggi, dove si vedono solo scene di violenza, dove anche molti cartoni animati includono identiche scene, si parli di questa fobia.

Si tratta della pediofobia, cioè la paura incontrollata verso le bambole.

L’ho vissuta in prima persona in quanto mia figlia minore, da piccola, aveva paura delle bambole che parlavano o camminavano.

Ho scritto in questo blog alcuni articoli sulle bambole, per cui mi sembra appropriato citare questa patologia.  

Vi sono molte teorie che psicologi e pedagogisti hanno elaborato in merito. Questa patologia può essere vissuta fino all’età adulta. Pur capendo che è infondata nel tempo chi ne soffre non riesce a superarla e, come per quasi tutte le fobie, se si vuole liberarsene bisogna trattarla con mezzi di esposizione graduale, usando una serie di bambole fino ad arrivare a quelle che impauriscono maggiormente il paziente.

Coloro che soffrono di pediofobia, i pediofobici, hanno delle reazioni alla vista delle bambole, che possono comprendere:

– battito accelerato;

– respirazione accelerata;

– secchezza delle fauci;

– tremori e brividi;

– rimanere paralizzati dallo spavento;

– urla e pianti;

– cercare di fuggire.

Un addetto del Pollock’s Toy Museum di Londra, un piccolo museo che espone giocattoli d’epoca, ha confessato che alcuni visitatori preferiscono fare a ritroso tutto il percorso di visita e uscire dall’ingresso piuttosto che affrontare la sala in prossimità dell’uscita, quella che espone decine di bambole, da rarità con i volti di cera a dame di porcellana in abiti vittoriani.
Tratto da:

https://www.focus.it/comportamento/psicologia/perche-le-bambole-possono-fare-paura

Madame Alexandre e le bambole

Già altre volte ho citato alcune collezione di bambole e questi articoli sono stati visitati più volte per cui anche oggi vorrei scrivere qualcosa su questo argomento.

Vorrei con questo sottolineare che l’articolo di maggior interesse è stato l’articolo sulle bambole Gorjuss, questo dovuto anche alla storia personale della sua creatrice, Suzanne Walcott.

Anche la storia di Madame Alexandre è importante in quanto era ebrea. Ella ha rivoluzionato l’arte del design delle bambole.

Bertha Alexander, nota come Madame Alexander, è nata a New York il 9 Marzo 1895. I suoi genitori erano austriaci e la madre si risposò, alla morte del padre, con Maurice Alexander che lei, piccolissima, considerava il suo vero padre.

Maurice aprì quello che sarebbe diventato il primo ospedale per bambole degli Stati Uniti sotto la casa d’infanzia di Beatrice a Brooklyn, New York, l’Alexander Doll Hospital . L’officina di riparazione di bambole vendeva e riparava bambole importate dall’Europa e alla fine guadagnò abbastanza popolarità tra i residenti della città da avere un flusso costante di clienti dai suoi poveri vicini di classe inferiore alla ricca classe superiore dai quartieri limitrofi.

Fu questa educazione, essere in un negozio di bambole, vedere suo padre e quelli che lo circondavano lavorare per riportare la bellezza a qualcosa di rotto e vederlo essere qualcosa che attraversava le linee di classe, che gettò le basi per Beatrice per diventare uno dei primi successi d’America imprenditrici.

Bertha, “ribattezzata Beatrice” all’età di 20 anni, ha realizzato la sua prima bambola durante la prima guerra mondiale. A causa di questa le bambole di porcellana non erano più disponibili e l’ospedale delle bambole di Maurice era su basi precarie. Alexander ha suggerito di creare una bambola di stoffa da infermiera con croce rossa, fatte di stracci, che pubblicizzavano dalla parte americana . La bambola dell’infermiera della Croce Rossa è stata un successo tra i clienti. Questa idea ha salvato la famiglia dalla fame.

Lei e le sue sorelle hanno cucito una varietà di queste bambole da vendere all’ospedale delle bambole, salvando così il sostentamento della famiglia e continuarono a produrre bambole di stoffa anche dopo la fine della guerra.

Ciò che distingue maggiormente le sue bambole è stato quanto fossero elegantemente ben vestite e quanto fossero innovativi i loro capi. Secondo varie fonti, Madame Alexander ha trascorso lunghe ore della sua giornata a disegnare abiti, cappotti e accessori per le sue opere d’arte. Fu un tale successo che iniziò a vendere abbigliamento per bambini e vinse numerosi concorsi di moda e riconoscimenti internazionali come quattro medaglie d’oro della Fashion Academy.

Nel 1923 fondò, insieme alle sorelle e al marito  la Alexander Doll Company.

Beatrice Alexander è nota per aver creato collezioni di bambole basate su personaggi e personaggi famosi in libri, film, musica e arte. Ha ristampato la bambola di stoffa di Alice nel paese delle meraviglie, Mary Poppins, le bambole di piccole Donne, le Sorelle Dionne…Ha anche ottenuto i marchi per produrre bambole replicando personaggi famosi.

Nel 1936, la rivista Fortune elencò la Alexander Doll Company come una delle prime tre case produttrici di bambole negli Stati Uniti; la società diventerà il più grande produttore di bambole del paese.

Sebbene i successi di Alexander la portarono lontano dal mondo immigrato della sua infanzia, non perse mai di vista quei meno fortunati di lei. Ha donato ingenti somme a organizzazioni ebraiche e non ebree in Israele e negli Stati Uniti, ed è stata una sionista impegnata per tutta la vita. Beatrice Alexander ha dimostrato al mondo in generale ciò che una donna con unità, creatività, ambizione e cuore benevolo potrebbe realizzare.

Nel 1947 iniziò a produrre bambole in plastica dura, e negli anni ’60 si dedicò alla plastica in vinile, che rese l’aspetto più realistico. [8] Ha introdotto “occhi con ciglia chiuse e dita con nocche” e capelli radicati che potevano essere modellati. Ha studiato abiti storici e culturali per realizzare abiti per bambole accuratamente dettagliati e ha insistito su una lavorazione di qualità. I materiali usati per vestire le bambole erano fatti di “sete, velluti, raso e altri tessuti pregiati”.

Questa è la storia di “Madame Alexander”, la proprietaria della Alexander Doll Company , che è riuscita a innovare nel campo delle bambole come nessuno aveva mai fatto prima.

Ebbe due figli ma il secondo mori durante la pandemia di influenza nel 1918. La prima figlia, Mildred, insieme al marito e poi anche al figlio, erano attivi nella Alexander Doll Company.

Madame Alexander è morta nel sonno nella sua casa di Palm Beach, in Florida , il 3 ottobre 1990, all’età di 95 anni.


Tratto da:

https://dollyconfessions.com/2019/09/08/madame-beatrice-alexander-a-brief-history/

https://en.wikipedia.org/wiki/Beatrice_Alexander

https://www.enlacejudio.com/2017/04/19/madame-alexander-la-mujer-judia-que-revoluciono-el-arte-de-disenar-munecas/

Le bambole in miniatura

Oggi vorrei scrivere qualcosa su queste bambole inusuali, che si discostano molto dall’idea di bambola classica.

Non è mia intenzione citare la Storia della bambola perché vi sono molti articoli in rete su questo splendido argomento, ma semplicemente fare un passaggio veloce sulla differenza di dimensioni da bambola a bambola in miniatura.

Intorno agli anni 50 in ogni casa, ma soprattutto in ogni letto, in bella mostra, era uso posizionare la bambola di celluloide o porcellana al centro, con il vistoso vestito che veniva aperto coprendo le gambe. I vestiti erano molto larghi, di buona stoffa. Non erano però utilizzate per i giochi delle bambine ma solo per fare bella mostra sul letto. L’altezza variava dai 50 ai 70 cm.

Oggi invece abbiamo le bambole in miniatura!

Alcune di queste bambole sono alte solo 3 cm, il lavoro su di esse quindi non è semplice non essendo maneggevoli. Pensate la difficoltà di confezionare i vestiti e altri accessori. La gestualità è molto importante, il minimo errore comporta il rifare tutto il lavoro.

Anche queste bambole non sono adatte per il gioco ma esclusivamente per il collezionismo. Sono dei veri capolavori e, viste le ridotte dimensioni, il loro risultato è arte. Sono dipinte a mano e i vestiti confezionati con stoffa.

Vorrei citare in questo articolo la belga Diane De Becker, che da semplice hobby iniziato negli anni 80 lo ha trasformato in lavoro.

Ha iniziato con vecchietti e bambole per per passare poi al suo obiettivo principale: gli elfi!

Ora i suoi lavori sono orientati esclusivamente su questo mondo fiabesco. E questo mi ha appassionato.

Riporto la sua storia così come gentilmente me l’ha inviata dopo la mia richiesta.

“Non ho molto da dire. Sono una donna normale e il mio lavoro è la modellazione.

Sono nata in Belgio nel 1953 come figlia unico in un piccolo villaggio agricolo.

Disegnare, realizzare mini case da scatole di cartone e animali (natura) era il mio hobby da bambina.

Non mi piaceva molto la scuola e gli insegnanti concordavano sul fatto che avrei iniziato a studiare arte, purtroppo ciò non è stato permesso dai miei genitori.

Così ho finito la mia scuola e poi mi sono sposata. Dopo aver cresciuto i figli ho scoperto la scultura.

Non ho mai preso lezioni da nessuna parte, questo era troppo costoso per me, ma con molta pratica e molti più errori, ho imparato a modellare.

In poco tempo mi sono avvicinata al mondo fiabesco e adesso faccio solo quello.

Dal 1997 ho iniziato a partecipare a spettacoli e ho vinto diversi primi premi con le mie fate (premi per le bambole)

Ora che è tutto più semplice lavoro solo tramite internet.”