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Il lottatore di Sumo

Mi è stato chiesto, alcuni mesi fa, se potevo scrivere una storia su un lottatore di Sumo. La persona che me lo ha richiesto e che ritengo fosse un ragazzo, mi ha anche fornito delle tracce a cui avrei dovuto attenermi. 

Ho fatto presente che non era uno dei miei argomenti preferiti per cui non  avrei saputo che cosa ne sarebbe uscito, ma ho voluto lo stesso mettermi alla prova. Non so se ci sono riuscita, è nata una storia un po’ particolare ma con gli elementi forniti e obbligatori non potevo far di meglio. 

È nata cosi la storia di:

 Un lottatore di Sumo

 In una piccolissima cittadina non si parla d’altro che della gara di Sumo che si dovrà disputare il giorno dopo.

Uno dei lottatori, di nome Bruno, è un ragazzone del posto, conosciuto da tutti e deriso da sempre dai suoi compagni per la sua enorme stazza.
Quando era piccolo era molto ingenuo e bonaccione e non cercava mai di difendersi, convinto di essere amato e stimato da tutti i suoi compagni. In realtà tutti lo prendevano in giro e gli combinavano sempre scherzi, che lui non coglieva, ingenuo com’era. Ma quando si rese finalmente conto che i suoi amici lo umiliavano e lo deridevano, da bravo ragazzo diventò un bullo, facendo della sua forza la sua arma migliore…

A scuola quindi cominciarono a temerlo e cercarono di star lontano da lui.

La sua più grande passione, con il tempo, diventò la lotta, come aveva  visto fare molte volte in televisione. Voleva diventare campione di Sumo e aveva tutte le doti per riuscirci:il peso, la forza, la volontà, la costanza.

Cominciò così ad allenarsi ogni giorno, all’inizio per gioco, poi invece diventando talmente bravo da essere ingaggiato in alcuni tornei, sfidando avversari più grandi e grossi di lui.

La maggior parte delle volte riusciva a sconfiggerli e questo era, per lui, un monito per continuare.

Bruno aveva una sorella, Bianca, che amava molto, anche lei lottatrice amatoriale di Sumo, grazie anche alla sua crescita abnorme.

Tutte e due erano cresciuti senza la presenza della mamma, pensando inoltre di non averne bisogno, per cui il loro legame era indissolubile.

Anche Bianca non aveva amicizie. Ella, al contrario del fratello, snobbava tutte le ragazze. Criticava il loro modo di vestirsi e di atteggiarsi con i ragazzi, di essere frivole e immature.

Un giorno, nel piccolo paesino, cominciò a circolare una voce, che poi si dichiarò veritiera: ci sarebbe stata una gara di Sumo fra Bianca e una mamma. Quest’ultima, se avesse vinto, avrebbe poi combattuto anche contro Bruno.

La concorrente era una giovane mamma di due splendidi bambini, di nome Chiara. A differenza dei due fratelli, era magrolina e piccola, caratteristiche insolite per una lottatrice. Ma era pienamente convinta di poter sconfiggere tutte e due gli avversari: Bianca e Bruno.

Gli organizzatori pensavano che fosse talmente improbabile che lei vincesse, che arrivarono ad alzare la quota della vincita a un milione di dollari, anche perché la mamma sosteneva che non avrebbe usato nessun metodo violento nei confronti dei due ragazzi. Come era possibile?

Arrivò il giorno tanto atteso. La sala dove si sarebbe svolta la gara era gremita, tutte le mamme del paese erano venute a fare il tifo per Chiara, portandosi dietro i figli di tutte le età. I compagni di scuola di Bruno e Bianca non potevano perdersi l’occasione di vedere come si sarebbe svolta la lotta, tifando anch’essi la mamma per farli maggiormente arrabbiare.

Salì sul ring Bianca, in pantaloncini corti e t-shirt, con la ciccia che fuoriusciva da tutte le parti; i ragazzi in sala cominciarono a fischiare, innervosendola.

Poco dopo giunse la mamma: indossava una vestaglia floreale color panna e i capelli erano raccolti in uno chignon che le conferiva un tocco di personalità.

Salì sul ring, squadrando la sua avversaria da capo a piedi. Notò la sua mole, il suo modo di fare poco aggraziato. Ma osservò anche i lineamenti fini, anche se marcati. I suoi occhi, color azzurro cielo facevano intravedere paura, tristezza, ansia.

Era una bellissima ragazza, se solo si fosse curata nel suo aspetto esteriore.

Chiara si tolse la vestaglia e fece intravedere il suo corpo esile e perfetto. Indossava una calzamaglia nera attillata e una maglietta a maniche corte rosa.

Tutte le ragazze in sala l’invidiarono.

La campanella di inizio suonò e la mamma, con una velocità straordinaria, tirò fuori dalla tasca della vestaglia un libretto di favole e un pettine. Si avvicinò a Bianca, che la guardava incredula. Nessuno capì che cosa volesse fare. Chiara prese per mano Bianca e la invitò a sedersi per terra; dopo qualche reticenza della ragazza, che non sapeva più che cosa dirsi, cominciò a pettinarla amorevolmente, buttando ogni tanto lo sguardo sul libro che sapeva a memoria. Questa non si oppose e lasciò che la mamma continuasse.

Con quel soave tocco continuo, che non aveva mai ricevuto da nessuno, la ragazza si accasciò al suolo… addormentandosi. Era KO sotto tutti i punti di vista.

Tutti si alzarono in piedi, applaudendo e gridando: “Evviva, evviva!”

Dopo aver svegliato la ragazza che, intontita, lasciò il ring ringraziando la giovane mamma per quella dolcezza mai ricevuta in vita sua, salì Bruno! Era ancora più arrabbiato perché sua sorella aveva fatto una figuraccia davanti a tutti! Doveva vincere anche per lei.

Era in perizoma, come da regolamento, ma aveva mangiato così tanto negli ultimi giorni, in previsione della sfida, che i suoi movimenti erano lenti, per paura che questo si rompesse davanti a tutti!

La mamma notò questo particolare e capì di aver colto nel segno. Tirò fuori dall’altra tasca della vestaglia una fetta di torta alla frutta, avvolta in carta stagnola, un biberon di latte con il miele e un grande ciuccio.

Bruno, che quel giorno aveva saltato il pasto, per paura che il perizoma si stracciasse, non riuscì a resistere. Il suo stomaco brontolava, aveva fame! Si buttò così a capofitto sulla torta e ingurgitò tutto il latte in pochi secondi. Aveva ancora fame ma stava molto meglio adesso.

Ma, ahimè, il perizoma stava per rompersi, alcune cuciture erano già scucite, così Chiara, notando la sua vergogna davanti agli amici, avvolse quel ragazzone nella sua morbida vestaglia e lo prese vicino a sé. Bruno non si rese neanche conto di quello che stava accadendo, tanto era piacevole questa amorevole attenzione, e in men che non si dica era sdraiato per terra, la bocca sporca di latte, con qualcuno che gli massaggiava i capelli. Aveva anche il ciuccio in bocca.

Si rilassò così, in pochi secondi, come non aveva mai fatto in vita sua. Non gli importava della vittoria.

Era giusto che vincesse la mamma. Gli doveva tanto perché per la prima volta era felice!

Solo allora il pubblico capì che avevano sbagliato a non individuare la sofferenza dei ragazzi che non si erano sentiti accolti e la loro carenza affettiva si era quindi  tramutata in una scelta di cose “forti” e di bullismo.

E da allora tutto cambiò per i due giovani fratelli!