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Film Wonder

Come ho scritto più volte i miei interessi verso il grande schermo e la lettura sono sempre stati orientati a casi di storie vere, soprattutto legate a bambini o a portatori di handicap. Mia figlia minore mi dice sempre che dovrei farmi valutare psicologicamente perché questo interesse ha sicuramente una sua motivazione, ma visto che lei è in questo ambito lavorativo non prendo assolutamente in considerazione il suo consiglio e vado avanti con i miei interessi.

Ritornando a noi, il mio ultimo film visto (anzi rivisto) è stato Wonder e avevo già scritto qualcosa su questo film che ripropongo perché lo avevo scritto molti mesi fa.  

Buona lettura

Quando mi hanno parlato che era uscito un film con Julia Roberts, che stimo tantissimo come attrice, ne sono andata alla ricerca e l’ho  visto. Inoltre con la visione del film avrei anche trovato stimoli per scrivere l’articolo per il mio blog, che da tempo avevo in serbo, in quanto questi affronta sia il tema del bullismo sia la diversità, due temi importanti attuali che volevo trattare.

Il libro è tratto da una vera esperienza della scrittrice statunitense, Raquel Jaramillo, nota con lo pseudonimo di R.J. Palacio. Un giorno, in gelateria, il figlio di tre anni scoppiò a piangere perché aveva visto una bambina affetta dalla disostosi mandibolo-facciale, la sindrome di Treacher Collins, una malattia rara congenita dello sviluppo craniofacciale, associata a diverse anomalie della testa e del collo che colpisce un neonato su 50mila.

Tornata a casa, R.J. Palacio provò molta vergogna e decise di raccontare la storia di quella bambina e di Auggie la notte subito dopo l’incontro in gelateria: “Ho iniziato a pensare a come deve essere vivere ogni giorno guardando in faccia un mondo che non sa come guardarti”.

Da questa esperienza nasce il libro Wonder che racconta la storia di uno sfortunato ragazzo affetto da questa malattia.

Ritornando al film, che si intitola ugualmente Wonder, che in italiano significa Meraviglia, con sincerità parla ai ragazzi e alle famiglie permettendo loro di affrontare temi importanti come la diversità, la malattia, le difficoltà quotidiane, il mondo della scuola e il bullismo con un sorriso bagnato di lacrime di commozione.

Nel film è drammatica la scena della sua nascita dove le infermiere lo nascondono alla vista della madre, subito dopo il parto, nello sguardo terrorizzato della donna che teme il peggio.

Dopo l’accettazione amorevole da parte dei genitori e della sorella, decidono di dedicargli tutto il maggior tempo possibile per evitargli ogni dolore.

Quindi la mamma funge da maestra insegnandogli tantissime cose e quando lui deve uscire lui indossa un casco da astronauta per evitare i commenti delle persone.

Quando Auggie cresce, dopo aver subito 27 interventi chirurgici correttivi, i genitori decidono di iscriverlo a una scuola media pubblica. Sanno che non possono proteggerlo dal mondo circostante per sempre con tutte le sue insidie. Entrambi vogliono che il bimbo si faccia delle amicizie ma già alla fine del giorno viene soprannominato “Barf Hideous” (che in italiano diventa Darth vomito).

Riuscirà a trovare un amico in Jack, un ragazzo dolce e sensibile che tuttavia esita ad avvicinarsi al nuovo ragazzo diverso per non uscire dal suo gruppo.

Nella scuola è vittima di bullismo, ma il protagonista di Wonder si piega, ma non si spezza. Agli insulti, alle angherie, Auggie risponde sempre con la gentilezza.

Con indicibile audacia Auggie mostra al mondo il suo vero viso, non quello segnato dalle cicatrici degli interventi chirurgici ma quello di un bambino intelligente e sensibile, capace di conquistare il cuore delle persone con gentilezza e umorismo.

Egli è un bambino forte, ma al contempo pieno di ansie e paure che si scopre artefice di un cambiamento positivo dei suoi coetanei nella classe.

Questo cambiamento è sottolineato dal preside della scuola nel suo encomio finale, dove cita alcuni passi di un autore, fondatore della scuola, che sottolineano come la forza di un cuore che trascina altri cuori è motivo di orgoglio e di importanza più di un’ opera di carità.

Il bimbo è pronto sempre a porgere l’altra guancia, e grazie al suo modo di essere conquisterà tutti e in poco tempo diventerà l’allievo più popolare della scuola media Beecher Prep.

Quando un amico gli chiede se ha mai pensato a un intervento chirurgico egli risponderà:”Questo è dopo la chirurgia plastica. Non è facile essere così belli”!

Ci sono almeno tre cose meravigliose in Wonder. Primo il fatto che dipinga i genitori del bambino come “porte”. La loro funzione principale all’interno della storia è infatti sia quella di proteggere il bambino e la sorella dalle brutture del mondo, sia quella di lasciarsi attraversare in modo che i figli vadano oltre, nel caos della vita. Poi che ribadisca come la scuola sia ancora il luogo più importante dell’educazione e della crescita personale, e che infine rivendichi una morale che non ci si stanca mai di sentire. L’ironia, l’intelligenza, l’amore, sono i mezzi con cui si reagisce alle durezze della vita, passando da una situazione di debolezza a una di forza.

Certo, questo è un film a lieto fine, se si può definire così. Il bimbo ha saputo reagire ma soprattutto ha saputo accettarsi con i suoi limiti e i suoi difetti. Ma purtroppo nella vita non sempre avviene così.

Il bullismo è una piaga sociale. Il diverso viene etichettato e preso di mira. La diversità, questa condizione universale che esce dai canoni e ti isola o addirittura ti annienta.  

Ma chi sono i diversi e perché non sono accettati? Eppure si dice che la diversità è una ricchezza. Ce lo insegna la natura. È attraverso la diversità che si arriva alla conoscenza. Ciascuno di noi contribuisce con la sua tessera al grande mosaico (in perenne estensione) del sapere umano.

Tu non sei come me, tu sei diverso,
ma non sentirti perso.
Anch’io sono diverso, siamo in due
se metto le mani con le tue.
Certe cose so fare io, e altre tu
e insieme sappiamo fare anche di più.
Tu non sei come me, son fortunato,
davvero ti son grato
perché non siamo uguali:
vuol dire che tutte e due siamo speciali.

(Bruno Tognolini)

Notizie tratte da Wikipedia 

Gypsy Blanchard e la sindrome di Münchhausen per procura

Quando ho visto questo film-documentario sono rimasta allibita al solo pensiero che una madre possa essere riuscita  a fare tutto questo.

Sono rimasta sconcertata ma poi è prevalso il buon senso e mi sono detta che purtroppo molte malattie degenerano in atrocità.

Di casi legati alla sindrome di Münchhausen per procura se ne è sempre sentito parlare e di solito non c’è mai un lieto fine per i bambini che le subiscono ma in questo specifico caso è successo proprio il contrario.

Vorrei quindi raccontare in questo articolo la storia di Gypsy Blanchard. Non importa, secondo me, l’epilogo di questa storia e lo cito solo per conoscenza, ma l’infanzia di questa giovane donna che non potrà mai più recuperare  e dimenticare.

Gypsy Blanchard nasce a Chackbay, Louisiana (U.S.A) , nel Luglio del 1991. La mamma, Dee Dee ha 24 anni mentre il papà, Rod ne ha 17.. Poco dopo la nascita il papà lascia la moglie, così il nucleo familiare si restringe e rimangono a vivere insieme Dee Dee e Gipsy, che si spostano a casa dei parenti della madre.

I primi problemi iniziano quando Gypsy comincia a soffrire di apnee notturne, e per questo viene portata spesso in ospedale, dove viene monitorata durante la notte con appositi macchinari.

All’età di 7 anni Gypsy, dopo una caduta sulla motocicletta del nonno, viene portata in ospedale per farsi medicare la ferita sul ginocchio. Al suo ritorno però la madre afferma che le lesioni riportate dalla figlia necessitano di diverse operazioni chirurgiche, e per questo la mette su una sedia a rotelle.

Le cose continuano a complicarsi ulteriormente quando all’età di 8 anni le vengono diagnosticate distrofia muscolare e leucemia. La madre in seguito dichiarerà che la figlia soffre anche di ritardo mentale.

Di lì a poco la povera Gipsy avrebbe iniziato a manifestare una serie di gravi patologie, che non le avrebbero più permesso di giocare, camminare, andare a scuola, vivere un’infanzia e un’adolescenza normali, avere degli amici e un fidanzatino. Leucemia, asma, distrofia muscolare, allergie alimentari, danni cerebrali che la fanno rimanere ad un livello cognitivo infantile, necessità di nutrirsi attraverso una sonda gastrica.

La sua storia comincia a circolare e poco tempo dopo vengono organizzate raccolte fondi per aiutare la madre a permettersi le cure per la bambina. Gypsy viene sottoposta a molte operazioni chirurgiche, durante una delle quali le vengono tolte le ghiandole salivari. In seguito i suoi denti cominciano a deteriorarsi e per questo gli vengono estratti. La notte è costretta a dormire con un respiratore artificiale.

Per più di 10 anni, Gypsy si sposta su una sedia a rotelle e ha subito diversi trattamenti medici accompagnata da sua madre. Dee Dee era ammirata e considerata una madre esemplare da medici e familiari.

La madre aveva tessuto una tela capace di ingannare molte persone, arrivando persino a somministrare alla figlia delle sostanze che simulassero i sintomi delle varie patologie.

Magra, emaciata, senza denti e senza capelli, con dei grandi occhiali da vista, Gypsy Rose ha una voglia di vivere pazzesca. È allegra e socievole e la comunità la aiuta sempre con i suoi trattamenti o regalandole viaggi a Disneyland per rendere i suoi ultimi anni di vita i migliori possibile.

Nel 2005 Dee Dee dichiara di aver perso la propria abitazione a seguito dell’uragano Katrina, perciò vengono aiutate da un’associazione che regala a mamma e figlia una casa nel Missouri.

Qualcosa però non convince i dottori del Missouri, i quali avevano fatto richiesta a Dee Dee dei referti medici della bambina. La donna riferisce di non poterli mostrare perché sono andati persi in seguito all’uragano.

Il sospetto comincia a farsi spazio tra i medici e sarà il preludio di una verità sconcertante.

L’epilogo di questa storia è travolgente: Gypsy Blanchard, insieme al fidanzato Nicholas Godejohn, conosciuto online, uccidono Clauddine “Dee Dee” Blanchard. È il 14 Giugno 2015.

Dopo anni di soprusi, la giovane donna è riuscita ribellarsi, a tornare a vivere e, secondo lei, l’unico mezzo per poterlo fare era eliminare chi non le permetteva questo.

Il giorno seguente verranno ritrovati nella casa di Nicholas, la loro storia d’amore si conclude così.

Nel processo contro il fidanzato Gypsy Blanchard ha voluto testimoniare in sua difesa, ripercorrendo quanto le aveva fatto sua madre e spiegando che l’idea di ucciderla era stata sua.

Le rivelazioni di Gypsy sono sconvolgenti. In realtà lei non ha mai sofferto di nessuno dei disturbi che sono stati dichiarati dalla madre. Nessuna apnea notturna, né disabilità fisiche o mentali. Il suo corpo era perfettamente sano.

Nicholas Godejohn viene condannato all’ergastolo. Gypsy Rose viene invece condannata a 10 anni di carcere per omicidio di secondo grado, concedendole le attenuanti per quello che aveva dovuto subire.

Successivi accertamenti dimostreranno che Dee Dee Blanchard soffriva della Sindrome di Münchhausen per procura, (per procura” perché il paziente inventa la sintomatologia di qualcun altro). Si tratta di un disturbo mentale che porta un genitore (principalmente la madre) a far credere che il proprio figlio abbia delle patologie, allo scopo di guadagnarsi la solidarietà delle persone.

Il nome di questa sindrome deriva da un personaggio effettivamente esistito, per l´appunto il barone di Münchhausen, che visse in Germania nel XIX secolo ed era noto per i suoi racconti estremamente fantasiosi e avvincenti, ma soprattutto umoristici.

Tratto da:

https://www.fanpage.it/esteri/costretta-a-fingersi-disabile-chiede-al-fidanzato-di-uccidere-la-madre-la-storia-di-gypsy/

https://auralcrave.com/2020/07/08/the-act-la-terribile-storia-vera-di-gypsy-rose-e-della-madre-dee-dee/