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La leggenda del pettirosso

Più di 2000 anni fa i pettirossi c’erano già, ma erano tutti grigi, dal capino alla coda.

Una famigliola abitava su un albero lungo la salita che portava in cima ad un monte dove gli antichi Romani (che all’epoca avevano conquistato un vastissimo impero) erano abituati a crocifiggere, supplizio molto usato a quei tempi, i condannati. E poi li lasciavano lì a morire.

Proprio lungo quella salita la nostra famigliola di pettirossi vide una scorta di soldati che seguiva uno dei tanti condannati. E dietro di loro un lunga coda di persone. La cosa strana era che, il condannato, aveva sulla testa una corona di spine che erano penetrate nella fronte e che dovevano fargli un gran male, poverino, perché era pieno di sangue.

Papà pettirosso era arrabbiatissimo: “Insomma, possibile che nessuno si accorga quanto male gli fa quella corona di spine! Con tutta la folla che c’è, a nessuno viene in mente di dargli una mano in qualche modo?”

Così prese su due piedi (anzi su due zampine) una decisione: “Mamma pettirosso, tieni i piccoli ben nascosti nel nido mentre io vado a dare un piccolo aiuto a quel poveretto. Non sopporto di vederlo soffrire così. Tranquilla, vado e torno e sono così piccolo che nessuno si accorgerà di me.”  

Con molte precauzioni , saltando di ramo in ramo e con piccoli voli da un punto all’altro, il nostro pettirosso si avvicinò al povero condannato senza che nessuno si accorgesse di lui.

Adocchiò una spina in bilico fra corona e fronte di dimensioni abbastanza piccole per poterla togliere, dopotutto era un piccolo uccellino e di più non avrebbe potuto fare. Spiccò il volo dal ramo su cui si trovava, si avvicinò al condannato e strappò via la spina. 

Il condannato gli mandò uno sguardo di ringraziamento e col poco fiato che gli rimaneva gli disse: “Grazie, da ora in poi nessuno potrà dimenticare il tuo gesto”. Il pettirosso capì che il suo amico uomo stava un po’ meglio. Fece un cenno col capino e nell’abbassare la testolina si accorse che una goccia di sangue del condannato gli aveva macchiato le penne del petto. Si disse che sarebbe andato a lavarsi nel ruscello, ma prima doveva rassicurare la sua famiglia e dir loro che aveva fatto quello che aveva potuto. Ma quando raggiunse il nido si accorse che anche mamma pettirosso e tutti i suoi figlioletti avevano la stessa macchia rossa sul petto. Allora capì che quella macchia era indelebile e che avrebbe per sempre contraddistinto la sua razza, in ricordo di quel gesto di amore.

Da allora quegli uccellini si chiamano pettirossi e sono tutti grigi con il petto rosso. 

Tratto da:

http://www.raccontidellairone.net/main/it/node/60

 

 

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