L’elettroshock ieri e oggi

Oggi vorrei scrivere di una pratica che ho visto fare da giovanissima, all’inizio della mia carriera infermieristica, su giovani pazienti schizofrenici: l’elettroshock!

A distanza di tanti anni ricordo ancora le urla di coloro che dovevano sottoporsi a questa manovra deleteria.

Devo dire, con rammarico, che non mi sono più interessata ad aggiornamenti su questa pratica perché ne sono rimasta scossa al punto che mi sono licenziata dal posto in cui la praticavano.

Adesso, nell’intento di  scrivere l’articolo, mi sono documentata e leggo che si usa ancora oggi.

Riporto questo stralcio di articolo:

La psichiatria sociale su modello basagliano lo considera un trattamento obsoleto se non peggio: simbolo di una visione della malattia mentale legata al passato che porta all’annullamento dell’individuo. Repressiva e inumana. Un punto di vista condiviso anche dall’opinione pubblica che ricorda immagini brutali di film come “Qualcuno volò sul nido del cuculo” e “La fossa dei serpenti”.

Infatti, per me è stato così, non mi serve vedere i film citati per ricordare questo.

Si parla degli anni ‘70, io varcavo per la prima volta la soglia di un centro psichiatrico d’avanguardia, una villa composta da due padiglioni, uno con i degenti con patologie meno gravi, quali depressione, anoressia e simili, dove io ero fortunatamente collocata, e il secondo padiglione con patologie più gravi come schizofrenia, depressione grave, soggetti catatonici….

Era a questi ultimi che veniva praticato l’elettroshock! Chi lo aveva già sperimentato si opponeva sia in maniera verbale che fisica, ma non serviva a nulla il suo rifiuto: era in lista per quel giorno!

Allora tu, boia, lo accompagnavi alla ghigliottina. 

E poi il povero corpo martoriato veniva legato ai polsi e alle gambe con cinghie di cuoio.

Sinceramente non ricordo se venisse praticata una pre-anestesia, certamente non una anestesia generale, come leggo che viene effettuata attualmente.

Oggi l’intervento viene eseguito con macchine computerizzate e programmate a seconda del paziente, in anestesia generale e con l’obbligatoria presenza di uno psichiatra e di un anestesista. Ed è altrettanto obbligatorio, almeno in teoria, il consenso del paziente o di chi ne fa le veci, che a termini di legge deve essere pienamente informato sul funzionamento della terapia e sui suoi effetti collaterali.

Non sta a me giudicare i benefici attuali di questa pratica che nel corso degli anni, come descritto sopra, è stata modificata notevolmente, ma quante persone hanno dovuto soffrire e fare da cavia, contro la loro volontà?

Storia:

La terapia elettroconvulsivante (TEC–ECT), comunemente nota come elettroshock, è una tecnica terapeutica basata sull’induzione di convulsioni nel paziente successivamente al passaggio di una corrente elettrica attraverso il cervello.

L’elettroshock è nato all’Università di Roma nel 1938, per mano del dottor Ugo Cerletti. La prima persona a esservi sottoposta fu un uomo che, fermato dalle forze dell’ordine alla stazione Termini, si agitava troppo per una crisi psicotica acuta. Così, su di lui venne sperimentata la tecnica di impulsi elettrici in testa, fino ad allora si usava al mattatoio di Testaccio per addolcire i maiali furenti, quando sentivano imminente il massacro.

Dalla testimonianza di Alda Marini:

“Ogni tanto ci assiepavano dentro una stanza e ci facevano quelle orribili fatture. Io le chiamavo fatture perché non servivano che ad abbruttire il nostro spirito e le nostre menti. La stanzetta degli elettroshock era una stanzetta quanto mai angusta e terribile; e più terribile ancora era l’anticamera, dove ci preparavano per il triste evento. Una volta arrivai a prendere la caposala per la gola, a nome di tutte le mie compagne. Il risultato fu che fui sottoposta all’elettroshock per prima, e senza anestesia preliminare, di modo che sentii ogni cosa. E ancora ne conservo l’atroce ricordo”.

http://www.news-forumsalutementale.it/a-proposito-di-elettroshock-%E2%80%A6/

Sembra insomma di poterne concludere che se gli abusi e gli errori del passato, e sperando che appartengano solo al passato, non possono essere utilizzati come argomenti a sfavore della terapia, quando si troverà un’alternativa efficace all’elettroshock tireremo tutti quanti un bel respiro di sollievo. Pazienti, psichiatri e pubblica opinione.

http://www.repubblica.it/www1/fatti/elettro/elettro/elettro.html

Ho trovato interessantissimo questo articolo che avrei dovuto trascrivere in maniera  più concisa ma trovo che sia interessante il contenuto, di conseguenza che venga letto per intero.

https://www.ccdu.org/comunicati/elettroshock-racconto

Oggi il mondo della psichiatria si divide tra i favorevoli e i contrari.

Inutile dire da che parte verte il mio voto!

3 pensieri su “L’elettroshock ieri e oggi

    1. lucia barabino Autore articolo

      Si Paola, purtroppo i metodi di una volta erano cruenti e chi si doveva sottoporre non credo riuscisse a dimenticarli.

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