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L’erba voglio

C’era una volta un Re che viveva nel suo bellissimo Castello con la moglie, la Regina e il suo figlioletto di 4 anni, Nicolas.

Il principino era molto viziato, ogni giorno pretendeva che il Re gli procurasse nuovi giocattoli, ma più ne faceva pervenire  a corte più Nicolas ne voleva, a tal punto che il suo gioco principale non era giocarci ma romperli, pretendendone così sempre di nuovi. 

“Voglio una nuova macchinina”; “Voglio un nuovo triciclo”; “Voglio un nuovo trenino”…

Voglio, voglio, voglio, il principino ogni giorno chiedeva questo al papà. Il Re, per accontentarlo, faceva sempre pervenire alla Reggia tutto quello che lui chiedeva, ma pur avendo di tutto Nicolas non era felice, non era capace a giocare!

Tutti i sudditi del paese sapevano che il Re aveva difficoltà a farsi ubbidire dal figlio e, pur rispettandolo e amandolo molto, criticavano questo suo modo di comportarsi.

Un giorno arrivò al Castello un vecchio saggio, spacciandosi per un Mago e propose al Re che poteva aiutarlo, seminando nel suo giardino un’erba magica, “l’Erba Voglio”.

Questi gli promise che, una volta cresciuta, al principino sarebbe bastato mettersi vicino a questa e gridare a voce alta quello che desiderava e in pochi secondi quello richiesto sarebbe apparso.

Quale miglior proposta potevano fare al Re!

Non doveva più badare ai capricci del figlio, non doveva più mandare i suoi maggiordomi a cercare questo o quell’altro giocattolo.

Il Re accettò volentieri l’offerta.

Il vecchio vangò a mano un pezzetto di prato, seminò l’erba magica e ogni giorno venne al Castello a bagnarla.

Quando questa fu cresciuta il vecchio annunciò al Re che il suo lavoro era finito, ora il giardiniere del castello non doveva far altro che bagnare e tagliare l’erba, una volta cresciuta. 

Quando il Re volle ricompensare il vecchio, questi rifiutò dicendogli che non voleva essere pagato, che lo rispettava e che questo era un suo regalo.

Dopo averlo ringraziato e congedato il Re pensò di chiamare il figlioletto spiegandogli quello che doveva fare, ma curioso e con il desiderio di aumentare le sue ricchezze, si mise di fronte al prato, guardandosi bene attorno che nessuno le vedesse e sentisse e cominciò a gridare “Voglio una carrozza tutta d’oro”, aspettò, ma non successe niente.

Convinto di aver chiesto troppo gridò “Voglio un baule di pietre preziose”.

Ma anche questa volta non apparì nulla. Continuò a fare diverse richieste ma non successe mai niente.

Capì così di essere stato imbrogliato dal vecchio, che l’Erba voglio non esisteva.

Dopo un attimo di collera verso il vecchio, perché lo aveva preso in giro, capì la lezione, se i suoi desideri fossero stati esauditi non si sarebbe mai fermato, avrebbe voluto sempre di più.

Ed era esattamente quello che lui faceva con Nicolas, lo esaudiva sempre e questi pretendeva sempre qualcosa di diverso.

Da quel momento cominciò a dire “No” al figlio che, sorpreso da questo cambiamento, ma amando molto il padre, non osò replicare.

Da allora imparò a ubbidire e a giocare con quello che possedeva, si fece degli amici e incomincio a capire che giocare è bellissimo.

E avere anche tanti amici!

La formichina solitaria

C’era una volta una formichina molto pigra, non le piaceva assolutamente lavorare. Si sa che le formiche sono delle grandi lavoratrici instancabili che trasportano con le loro mandibole tutto ciò che può servire, anche se è molto più pesante di loro,  lavorando di gruppo, ma la nostra formichina era diversa!

Ella amava la solitudine, girovagava tutto il giorno di qua e di là, curiosando tra le altre famiglie di animali che occupavano il bosco.

Era talmente piccola che passava inosservata.  

La formica Regina  aveva imposto una nuova legge: ogni oggetto o cibo che ogni singola formica operaia portava all’interno del formicaio doveva servire esclusivamente alle altre formiche e non a se stessa. Alle sue necessità avrebbero provveduto le altre.

La nostra piccola formica, molto furba, aveva appreso bene questo nuovo comando, considerando che per lei ci sarebbe stato sempre cibo a disposizione, quindi perché preoccuparsi? Poteva fare a meno di lavorare, di trasportare oggetti o cibo verso la tana, intanto a lei non sarebbero serviti!

Arrivò così l’inverno e con l’inverno arrivò la neve, la possibilità di procurare nuovo cibo era inesistente, ma la scorta che le altre formiche, in tanti mesi di lavoro, giorno dopo giorno, con grande fatica avevano racimolato, era notevole. Semi, briciole, insetti, foglie…

Ma la formica Regina si era accorta che la nostra formichina non aveva mai portato nulla nella tana, rientrava la sera ma non era stanca come le altre, per cui, in pieno inverno, la allontanò , non poteva far parte del gruppo.

La poverella si trovò così da sola, infreddolita, affamata e, nel silenzio del bosco, cominciò a capire il grande errore che aveva fatto: aveva pensato solo a se stessa!

Come poteva rimediare? Non voleva stare lì da sola, l’inverno era lungo, poteva ammalarsi per il freddo, poteva morire di fame.

Così volle rimediare al suo errore, cominciò a perlustrare la zona in cerca di qualcosa da portare nel formicaio, con la speranza che la Regina l’avrebbe perdonata.

Si avventurò dentro il bosco, vicino alle case, alla ricerca di qualcosa da mangiare e, con grande stupore, vide dei bambini giocare con la neve, dopo aver fatto colazione. Per terra c’erano molti pezzetti di cibo strano, diverso: briciole di patatine, cracker, brioche, noccioline, bucce di frutta. Eureka, se portava questo nuovo cibo nella tana la Regina l’avrebbe perdonata.

E fu così! La Regina, visto che aveva capito il suo errore la perdonò e…tenne per se quel cibo così strano e buono!