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Sognare il Natale

In casa scoppietta il camino,
una luce fioca nell’abbaino,
Babbo Natale se n’è già andato,
chissà se a casa è già arrivato.

I bimbi stanno ancora giocando
e alla scuola non stanno pensando,
c’è ancora nell’aria odore di festa
e molti sogni ancora nella loro testa.

Ma i nostri cuori non sono sereni,
ogni giorno è pieno di mille pensieri,
vediamo i bambini che stanno soffrendo
e tutti quelli che stanno morendo.

Non può esserci pace per tutto questo,
puoi solo pensare che è disonesto
che alcuni bambini siano contenti,
ma molti altri siano dolenti.

Ma non c’è niente che possiamo fare?
Non abbiamo risorse da sfruttare?
Noi mamme e nonne possiamo solo pensare,
che ogni bambino ha il diritto di sognare.

Gli elfi e Babbo Natale

Siamo gli elfi e siam piccini,
noi piacciamo a tutti i bambini,
ma non abbiamo ancora capito
se è per i doni o il nostro vestito.

Scendiamo all’alba dal nostro lettino
e ci portiamo dietro un catino,
una campana rimbomba nell’aria,
è la nostra sveglia ed è necessaria.

Tutti di corsa andiamo a lavarsi,
è un grande caos per accaparrarsi,
sia il sapone che l’asciugamano,
facciamo presto o la colazione saltiamo.

Poi profumati e tutti bellini
andiamo a finire i giocattolini,
chi è addetto alle bambole o ai trenini,
chi ai peluche o ai cavallini.

Che bella atmosfera che noi creiamo,
una musica dolce nell’aria sentiamo,
siamo ancora assonnati e anche stanchini,
ma Natale è vicino: pensiamo ai bambini!

Ecco, siam pronti, è tutto finito,
facciamo i pacchetti con qualche candito,
le renne aspettano che i sacchi mettiamo,
son pronte a partire e tutti aspettiamo.

Ecco Babbo Natale, è ancora più bello,
per noi lui è un caro fratello,
no , anzi, qualcosa di più,
gli vogliamo un gran bene tutti quassù.

Ed ecco che partono, con un saluto,
anche questo Natale abbiamo potuto
costruire giocattoli per i bambini,
siamo proprio contenti, anche se siam piccini.

Il coraggio dei fratellini colombiani

Stamane ho appresa la notizia del ritrovamento dei 4 fratellini, che hanno girovagato nella foresta amazzonica colombiana per 40 giorni, dopo un incidente aereo, dove hanno perso la vita la mamma e altri 2 adulti.

Non voglio in questo articolo parlare della vicenda perché in questi giorni si potrà leggere e sentire molto di questo miracolo straordinario, ma mi sento di fare un momento di riflessione su questo fatto.

Il senso logico fa pensare che se tutti i 4 bambini si sono salvati saranno stati seduti in una parte dell’aereo che li ha salvati, ma mi piace credere che il tutto possa essere un monito.

In molte scuole vengono organizzate gite al Parco avventura, dove vengono utilizzati dai bambini i “ponti tibetani”, cioè ponti traballanti, i “tree climbing”, comunemente detta arrampicata sugli alberi, l’utilizzo di liane e molto altro, tutto questo in estrema sicurezza. Per loro può essere un gioco, ma se anche una minima parte di questo potesse essere d’aiuto in circostanza estreme, sarebbe bellissimo.

Per i bambini cambogiani non era un gioco, ma una realtà, di cui non si sarebbero mai aspettati di far parte. Eppure anche loro ne sono usciti “provati”, ma indenni.
Non sottovalutiamo mai la capacità dei bambini!

Sicuramente, in questa storia, il fatto che fossero tutti insieme ha decisamente instaurato in loro l’istinto di sopravvivenza e, anche se debilitati e consapevoli che la loro mamma non c’era più, credo che sia stato essenziale che vi fossero anche due bambini più grandi, su cui il gruppo si è appoggiato, ma se pensiamo alla responsabilità che si sono addossati, da soli in una giungla per così tanto tempo, mi fa venire la pelle d’oca.

La speranza, unita all’aiuto che hanno ricevuto tramite kit di soccorso inviati per via aerea, le loro capacità nel muoversi nella giungla, costruendo rifugi improvvisati e mangiando frutta hanno rappresentato per loro la salvezza

Mi ha molto colpito, come nonna, leggere che parte di questo lieto fine è legato alle conoscenze ancestrali trasmesse dalla loro nonna. Si racconta che uno degli elicotteri utilizzati per la ricerca abbia diffuso un messaggio, registrato proprio da questa, in lingua huitoto che diceva loro di smettere di muoversi nella giungla. Credo che se hanno avuto modo di sentire la registrazione , questo li abbia aiutati a non sentirsi soli.

 E vorrei allora ricordare tutti gli altri bambini coraggiosi, in un modo o in un altro, di cui ho scritto nel blog in questi anni :

Andrè Roussimoff:
http://www.tiraccontounastoriablog.com/?s=Andr%C3%A8+Roussimoff+

Bimba sirena: 
http://www.tiraccontounastoriablog.com/?s=la+bimba+sirena

Frida Kahlo:
http://www.tiraccontounastoriablog.com/?s=Frida+Kahlo+

Gypsy Blanchard:
http://www.tiraccontounastoriablog.com/?s=Gypsy+Blanchard+

Hellen Keller:
http://www.tiraccontounastoriablog.com/?s=Hellen+Keller

Johnny Clem, il tamburino
http://www.tiraccontounastoriablog.com/?s=Johnny+Clem+

Le gemelle Dionne:
http://www.tiraccontounastoriablog.com/?s=Le+gemelle+Dionne

Mowgli, la bimba indiana:
http://www.tiraccontounastoriablog.com/?s=Mowgli

Mr Mowgli tra i lupi:
http://www.tiraccontounastoriablog.com/?s=Mr+Mowgli+tra+i+lupi

Ruby Bridges:
http://www.tiraccontounastoriablog.com/?s=Ruby+Bridges

Stephen Hawking:
http://www.tiraccontounastoriablog.com/?s=Stephen+Hawking+

Suzanne Walcott (bambole Gorjuss) :
http://www.tiraccontounastoriablog.com/?s=Suzanne+Walcott%2C+

Wang Fuman, la storia di fiocco di neve:
http://www.tiraccontounastoriablog.com/?s=Wang+Fuman

La formichina solitaria

C’era una volta una formichina molto pigra, non le piaceva assolutamente lavorare. Si sa che le formiche sono delle grandi lavoratrici instancabili che trasportano con le loro mandibole tutto ciò che può servire, anche se è molto più pesante di loro,  lavorando di gruppo, ma la nostra formichina era diversa!

Ella amava la solitudine, girovagava tutto il giorno di qua e di là, curiosando tra le altre famiglie di animali che occupavano il bosco.

Era talmente piccola che passava inosservata.  

La formica Regina  aveva imposto una nuova legge: ogni oggetto o cibo che ogni singola formica operaia portava all’interno del formicaio doveva servire esclusivamente alle altre formiche e non a se stessa. Alle sue necessità avrebbero provveduto le altre.

La nostra piccola formica, molto furba, aveva appreso bene questo nuovo comando, considerando che per lei ci sarebbe stato sempre cibo a disposizione, quindi perché preoccuparsi? Poteva fare a meno di lavorare, di trasportare oggetti o cibo verso la tana, intanto a lei non sarebbero serviti!

Arrivò così l’inverno e con l’inverno arrivò la neve, la possibilità di procurare nuovo cibo era inesistente, ma la scorta che le altre formiche, in tanti mesi di lavoro, giorno dopo giorno, con grande fatica avevano racimolato, era notevole. Semi, briciole, insetti, foglie…

Ma la formica Regina si era accorta che la nostra formichina non aveva mai portato nulla nella tana, rientrava la sera ma non era stanca come le altre, per cui, in pieno inverno, la allontanò , non poteva far parte del gruppo.

La poverella si trovò così da sola, infreddolita, affamata e, nel silenzio del bosco, cominciò a capire il grande errore che aveva fatto: aveva pensato solo a se stessa!

Come poteva rimediare? Non voleva stare lì da sola, l’inverno era lungo, poteva ammalarsi per il freddo, poteva morire di fame.

Così volle rimediare al suo errore, cominciò a perlustrare la zona in cerca di qualcosa da portare nel formicaio, con la speranza che la Regina l’avrebbe perdonata.

Si avventurò dentro il bosco, vicino alle case, alla ricerca di qualcosa da mangiare e, con grande stupore, vide dei bambini giocare con la neve, dopo aver fatto colazione. Per terra c’erano molti pezzetti di cibo strano, diverso: briciole di patatine, cracker, brioche, noccioline, bucce di frutta. Eureka, se portava questo nuovo cibo nella tana la Regina l’avrebbe perdonata.

E fu così! La Regina, visto che aveva capito il suo errore la perdonò e…tenne per se quel cibo così strano e buono!

                                                                    

Sally Swatland, la pittrice dei bambini sulla spiaggia

Amando molto il mare e i bambini, non potevo non scrivere nel mio blog la storia di Sally Swatland.

Nella sua vita mi ci ritrovo, avendo avuto un papà violinista e un antenato, Nicolò Barabino,  restauratore di affreschi nelle Chiese di Genova e dei paesi limitrofi.

Sally nasce nel 1946 a Washington, circondata da artisti. Sua nonna era una violinista da concerto, sua zia un’artista di talento e sua madre suonava il piano e cantava in diversi cori.

Sally era super dotata già da piccola, infatti ha iniziato a dipingere all’età di 5 anni, così come le sue due sorelle.

Ha sempre saputo che voleva diventare un artista, forse non era tanto una decisione quanto un istinto generale a guidarla. La sua famiglia ha incoraggiato i suoi talenti naturali acquistandole colori e cavalletti.

Adesso forse questo può rientrare nella normalità, con i vari corsi per bambini proposti su YouTube o altri canali, addirittura ci sono kit di disegni per bambini con impressi i numeri che corrispondono a un determinato colore. Questo facilita molto il tutto, ma è privo di estro.

All’età di sette anni la sua famiglia si trasferì a Greenwich, nel Connecticut, dove trascorse lunghi periodi in campagna e in varie località balneari. La maggior parte dei giorni estivi furono trascorsi giocando in pozze di marea, inseguendo pesciolini, raccogliendo conchiglie ed esplorando.

Durante la sua infanzia e adolescenza Sally ha sempre dipinto e disegnato, sviluppando la sua capacità di osservazione mentre registrava il mondo intorno a lei. Al liceo si è iscritta a corsi d’arte, mentre alla laurea aveva eccelso al punto che le era stato conferito il premio d’arte per la sua classe di laurea.

Nel 1964 Sally entra al Mount Saint Vincent College di Riverdale, New York, come specialista in arte. Nel 1969, frequenta la Art Students League di New York, prendendo il treno tutti i giorni per frequentare le lezioni. Lì studia disegno e pittura di figure e ritratti per sei anni sotto la direzione di Robert Schulz, un illustratore che ha continuato la tradizione di Norman Rockwell ed è diventato famoso per le sue illustrazioni che abbellivano le copertine di molti libri di Zane Gray.

Aveva ricevuto una vasta formazione sia nella pittura di figura che in quella di paesaggio ed era stata introdotta a diversi approcci, ma era alla ricerca del proprio stile e del proprio pubblico.

Un assolato pomeriggio d’estate, mentre si rilassava con sua madre al Todd’s Point, Sally decise di scattare alcune foto di bambini che giocano nelle pozzanghere, catturando il rapporto tra loro e il modo in cui giocano. Sally lo descrive: “La spiaggia è un luogo perfetto per catturare i bambini e le loro relazioni perché sono spensierati, intensi e felici”.

Dal momento che non era in grado di dipingere in quel momento, si è presa il tempo per assorbire ciò che la circondava, memorizzando e studiando l’acqua, la sabbia, i riflessi e l’atmosfera.

Una volta a casa trasse da queste foto lo spunto per eseguire un piccolo dipinto che mostrò agli amici in quali lo apprezzarono molto. Presto comprese che il suo tema preferito era la spiaggia, dove aveva trascorso tanto tempo crescendo.

Aveva trovato il suo soggetto!

Si sposò nel 1070 con Frank Swatland, amico di famiglia, che le è sempre stato accanto collaborando ai suoi progetti,  fotografando tantissime immagini, di aiuto per i suoi dipinti.

Nel 1975 nacque la sua prima figlia, Noelle, che è diventata una delle sue modelle preferite per queste composizioni.

Chiaramente, Sally aveva trovato i suoi soggetti e un pubblico per loro : vedute di bambini che giocano sulla spiaggia o in un giardino lussureggiante.

Quando i suoi figli sono cresciuti (la sua seconda figlia Katie è nata nel 1981), la famiglia ha viaggiato alla scoperta di altre spiagge. Trascorsero molto tempo sulla costa occidentale, esplorando le comunità costiere della California.  Sulla costa orientale, si godettero le spiagge del Maine lungo la North Shore del Massachusetts e fino a Cape Cod. Le spiagge sono diventate una parte importante e stimolante della loro vita familiare.

Per gran parte degli anni ’80, Sally si è concentrata sulla sua famiglia, trascorrendo molto tempo con i suoi figli. Ha continuato con le sue commissioni di ritratti e si è dilettata a catturare i suoi giovani modelli mentre giocavano sulle spiagge e sui giardini che visitavano. La sua macchina fotografica ha continuato ad essere un registratore importante per i suoi dipinti. Trascorreva molti giorni estivi sulle spiagge e nei giardini intorno a Greenwich, dove portava le sue figlie e le loro amiche e le fotografava.

Portava una varietà di vestiti colorati e un assortimento di cappelli, trascorrendo una notevole quantità di tempo alla ricerca dell’abbigliamento giusto. L’ombrello, la borsa da spiaggia, la fascia o la sedia giusta potevano dare un tocco di colore in più al dipinto. I suoi servizi fotografici sulla spiaggia, in particolare, attiravano sempre una folla, soprattutto di bambini piccoli, permettendole di accedere a ancora più modelli.

Nel 1986 ha avuto un incontro casuale con i proprietari di Caspari, un’azienda di biglietti di auguri con sede a New York. Questo si è trasformato in un lavoro e nei successivi 14 anni ha creato più di 150 disegni originali che sono stati utilizzati su numerosi biglietti di auguri. 

Sally ancora spesso dipinge dal suo studio, non ha più bisogno delle foto, conosce così bene l’acqua e la flora che può contare sui suoi sensi.

Attualmente è membro della Copley Society, Società americana degli artisti marini. Ha vinto moltissimi importanti premi ed è stata coinvolta in numerosi enti di beneficenza.

Elisabeth Barrett, poetessa inglese

Elisabeth Barrett nacque nel 1806 a Durham, in Inghilterra. Visse un’infanzia privilegiata con i suoi undici fratelli. Il padre aveva fatto fortuna grazie a delle piantagioni di zucchero in Giamaica e aveva comprato una grande tenuta a Malvern Hills, dove Elizabeth trascorreva il tempo andando a cavallo e allestendo spettacoli teatrali con la sua famiglia.

All’età di dodici anni scrisse un poema epico.

Fra il 1832 e il 1837, a seguito di grandi problemi economici, , la famiglia Barrett traslocò tre volte per poi stabilirsi a Londra.

Nello stesso periodo, Elizabeth Barrett ebbe gravi problemi di salute che la resero invalida agli arti inferiori e la costrinsero a restare in casa e a frequentare solo due o tre persone oltre ai familiari.

Nel 1844, l’uscita dei Poems la rese una delle più popolari scrittrici del momento.

La lettura della sua raccolta di poesie spinse il poeta Robert Browning a scriverle per manifestare il proprio apprezzamento, cui fece seguito una intensa corrispondenza.

Nel 1845 si incontrarono e, poco dopo, essendo il padre di Elizabeth fieramente contrario alle loro nozze, si sposarono di nascosto e fuggirono insieme a Firenze. A circa 43 anni la salute migliorò ed ebbero un figlio.

L’amore fu per lei il più grande avvenimento della vita, e innalzò il suo cuore, e col cuore l’ingegno, alle più elevate regioni poetiche.

La sua opera più ampia è il lungo poema Aurora Leigh, del 1857, in cui esalta in modo poetico la necessità dell’emancipazione femminile.

Struggente e malinconica la indimenticabile poesia: Il lamento dei bambini.

Aggravatesi le sue condizioni di salute, morì a Firenze a 54 anni ed è sepolta nel cimitero degli inglesi .

Tratto da:
https://it.wikipedia.org/wiki/Elizabeth_Barrett_Browning

Filastrocca: Babbo Natale senza vestito

Oh oh, che fatica, sono arrivato
ma il mio vestito è tutto bagnato,
ho tanta strada ancora da fare,
devo per forza farlo asciugare.

Lo stendo per bene in un cortile,
devo far piano, non mi devon sentire.
Sento rumore nella casetta,
voci di bimbi e di una maestra.

Sono in mutande, non mi devon vedere,
sennò che figura…è meglio tacere.
Mi affaccio un pochino alla finestra,
tanti visini, c’è aria di festa.

Vedo le luci, un alberello,
vedo il presepe con l’asinello,
che armonia, che pace mi dà,
presto il vestito si asciugherà.

Mi spiace lasciare questo ambiente fatato,
ma il mio tempo ormai se n’è andato,
metto il vestito tutto di fretta,
aspetto la slitta e auguro “Buona Festa!”

Michelangelo Rossato: illustratore

Oggi vorrei scrivere di questo illustratore di cui ho sentito parlare molto in questo ultimo periodo.

Personalmente amo gli artisti realisti, sia che si tratti di disegni o dipinti, ma ho notato, nelle biblioteche alla ricerca di libri da leggere per le nipotine o per disegni da copiare, che questo metodo di arte è sorpassato, gli stili oggi sono completamente diversi. Molto più colorati e stilizzati.

Sicuramente dietro a tutto questo ci sono tendenze psicologiche ma io, che ho sempre apprezzato i disegni di Sarah Kay, Clara M. Burd, John Loane, Norman Rockweel entrare in questa nuova ottica non è semplice.

Ritornando alla creatività di Michelangelo Rossato devo aggiungere che non solo è un illustratore di libri per bambini ma è anche uno scrittore. Parte da storie antiche raccontandole in uno stile molto attuale.

Nato in provincia di Venezia nel 1991, dopo la maturità classica, ha iniziato a interessarsi all’illustrazione per l’infanzia frequentando la Scuola di Illustrazione Ars in Fabula a Macerata. Nel 2014 si è diplomato in Illustrazione all’Accademia di Belle Arti con una tesi riguardante il legame tra la fiaba e le società matriarcali.

Attualmente Insegna illustrazione e letteratura per l’infanzia presso la scuola Ars in Fabula e l’Università Popolare di Borbiago (Venezia).

Biancaneve


La sirenetta

Norman Percevel Rockwell: illustratore

Sono una grande ammiratrice di molti illustratori e di alcuni ho già scritto nel blog. Sarah Kay, creato dalla mano di Vivien Kubos, Beatrix Potter con le immagini straordinarie con i suoi animali “parlanti”, John Sloane con gli incantevoli paesaggi rupestri…

Oggi invece vorrei scrivere di questo straordinario disegnatore: Norman Percevel Rockwell (3 febbraio 1894 – 8 novembre 1978)

Norman Rockwell è nato a New York da Jarvis Waring Rockwell e Anne Mary “Nancy” Hill.

Si è trasferito dal liceo alla Chase Art School all’età di 14 anni. Poi è andato alla National Academy of Design e infine alla Art Students League .

I suoi primi lavori furono prodotti per il St. Nicholas Magazine , la rivista Boys ‘Life dei Boy Scouts of America (BSA) e altre pubblicazioni per ragazzi.

Il suo primo importante lavoro artistico avvenne all’età di 18 anni, illustrando il libro di Carl H. Claudy Dimmi perché: storie su Madre Natura.

Successivamente, Rockwell è stato assunto come artista dello staff per la rivista Boys ‘Life . In questo ruolo, ha ricevuto un compenso di 50 dollari ogni mese per una copertina completa e una serie di illustrazioni per la storia. Si dice che sia stato il suo primo lavoro retribuito come artista. A 19 anni è diventato il redattore artistico di Boys ‘Life , pubblicato dai Boy Scouts of America .

Si trasferì, insieme alla sua famiglia, a New Rochelle , New York, quando aveva 21 anni. Condivise uno studio con il fumettista Clyde Forsythe, che ha lavorato per The Saturday Evening Post . Con l’aiuto di Forsythe, Rockwell inviò il suo primo dipinto di copertina di successo al Post nel 1916 e ne continuarono molti altri negli anni a seguire.

È stato pubblicato otto volte sulla copertina del Post nel primo anno. Alla fine, Rockwell ha pubblicato 323 copertine originali per The Saturday Evening Post in 47 anni. La sua Sharp Harmony apparve sulla copertina del numero del 26 settembre 1936; raffigura un barbiere e tre clienti mentre si godono una canzone a cappella .

Lavorando per The Saturday Evening lasciò la Boys ‘Life , ma continuò a includere scout nelle immagini di copertina del Post e nella rivista mensile della Croce Rossa americana.

Durante la prima guerra mondiale, volle arruolarsi nella Marina degli Stati Uniti ma gli è stato rifiutato l’ingresso perché, a 140 libbre (64 kg), era sottopeso di otto libbre per qualcuno alto 6 piedi (1,8 m). Per compensare passò una notte a rimpinzarsi di banane, liquidi e ciambelle e il giorno dopo il suo peso era aumentato abbastanza e si arruolò. Tuttavia, gli è stato assegnato il ruolo di artista militare e non ha visto alcuna azione durante il suo turno di servizio.

Durante la fine degli anni ’40, Norman Rockwell trascorse i mesi invernali come artista residente all’Otis College of Art and Design . Gli studenti occasionalmente facevano da modelli per le sue copertine del Saturday Evening Post .

Nel 1959, dopo che sua moglie Mary (sposata in seconde nozze nel 1930), morì improvvisamente per un attacco di cuore, Rockwell si prese una pausa dal suo lavoro per piangere. Fu durante quella pausa che lui e suo figlio Thomas produssero l’autobiografia di Rockwell, Le mie avventure come illustratore , che fu pubblicata nel 1960. Il Post stampò estratti di questo libro in otto numeri consecutivi, il primo contenente il famoso Triplo Autoritratto di Rockwell.

L’ultimo dipinto di Rockwell per il Post fu pubblicato nel 1963, segnando la fine di un rapporto editoriale che aveva incluso 321 dipinti di copertina.

La sua ultima commissione per i Boy Scouts of America è stata un’illustrazione del calendario intitolata The Spirit of 1976 , che è stata completata quando Rockwell aveva 82 anni.

Rockwell è stata insignito della Presidential Medal of Freedom , la più alta onorificenza civile degli Stati Uniti d’America, nel 1977 dal presidente Gerald Ford . Il figlio di Rockwell, Jarvis, ha ritirato il premio.

I suoi lavori sono innumerevoli e ha illustrato più di 40 libri. 

Il lavoro di Rockwell è stato respinto dai critici d’arte seri durante la sua vita perché consideravano le sue opere decisamente troppo dolci e non è considerato un “pittore serio” da alcuni artisti contemporanei, che considerano il suo lavoro come borghese e kitsch.

Negli ultimi anni, tuttavia, Rockwell iniziò a ricevere più attenzione come pittore quando scelse argomenti più seri come la serie sul razzismo per la rivista Look.

Rockwell morì l’8 novembre 1978, di enfisema all’età di 84 anni nella sua casa di Stockbridge, nel Massachusetts.

Nel 2011, questo dipinto è stato esposto alla Casa Bianca quando il presidente Barack Obama ha incontrato il soggetto, Ruby Bridges , all’età di 56 anni.

By original uploader User:Jengod, Fair use, https://en.wikipedia.org/w/index.php?curid=601019


Norman Rockwell

Tratto da:
https://en.wikipedia.org/wiki/Norman_Rockwell

Nuova collaborazione con blogger

Ritengo la collaborazione una cosa positiva perché il riscontro con gli altri è essenziale, in qualsiasi ambito. Ormai tutti coloro che si mettono in proprio si legano ad altre figure che rientrano, anche parzialmente, nel loro progetto lavorativo. Questo per offrire un maggior numero di professionisti in un unico riferimento.

In questo specifico caso la collaborazione è con un sito che  tratta attività dirette a bambini. 

Riporto la sua descrizione!

La Favola Vagante si occupa di educare i bambini e i grandi attraverso  le favole, la musica e le filastrocche.

La mia esperienza di una vita passata nella musica e nella educazione dei bambini, la trovate in questo blog.

La priorità viene data a quelle favole che nella loro metafora si occupano di problematiche sociali di grande rilevanza come: La libertà, la democrazia, la donazione, l’amore per i genitori e l’amore in senso generale, il rispetto della natura, il rispetto degli altri.

La mia esperienza di educatore mi ha portato a mettere insieme  la musica, le favole e le immagini, potenziandone cosi  la loro forza reciproca.

Sono nate così dopo le favole, i racconti musicali, e i cartoni animati; favole che potete trovare su Amazon, mentre i racconti  musicali e i cartoni animati, si trovano nei miei concerti multimediali online.

Genitori e insegnanti troveranno materiale da utilizzare ai fini educativi  (favole, filastrocche, disegni, canzoni per bambini, giochi musicali, materiale per recite scolastiche).

La mia ispirazione educativa suggerita da S. Suzuki è nel metodo della “Madre Lingua” , metodo che sta ad indicare che la prima e più importante responsabilità educativa è nelle mani dei  genitori e loro hanno questa grande responsabilità, successivamente il compito passa agli insegnanti!

http://www.lafavolavagante.org/

https://www.facebook.com/lafavolavagante

Le storie dei ragazzi selvaggi

Più volte ho letto di ragazzi trovati nella foreste, se ne contano un centinaio negli ultimi secoli.

Leggendo un dettagliato articolo su Focus riguardo questo problema mi è tornato alla  mente il film, tratto da una storia vera, Nell, interpretato magnificamente da Jodie Foster. Tratta di una ragazza che ha vissuto sempre nel nord Caroline, con la madre colpita da ictus. La ragazza ha scelto di continuare la sua vita nel bosco, ambiente in cui lei apparteneva.  

Con questo siamo portati a pensare che già da piccolissimi abbiamo la percezione di sopravvivenza. Il nutrimento, indispensabile per tutti, umani e animali, è già un elemento acquisito dai primi anni. In un ambiente selvatico come la foresta o la giungla si ci nutre di ciò che la natura offre in quel determinato ambiente: foglie, radici, bacche, uova di uccelli, piccoli animali. Oppure si può presumere che siano stati “allevati” nel far questo da altri mammiferi.

“Stando in contatto solo visivo con loro, un bambino può individuare fonti d’acqua e di cibo e ripararsi in luoghi caldi e sicuri”, dice Angelo Tartabini, docente di Psicologia evoluzionistica all’Università di Parma.

La teoria dell’imprinting, che procurò il premio Nobel a Konrad Lorenz, sostiene infatti che un giovane essere vivente impara a riconoscersi in una specie piuttosto che in un’altra a partire dal legame con una figura di riferimento (la chioccia per i pulcini, la lupa per il lupacchiotti, eccetera). Dopotutto i bambini, cioè i cuccioli di uomo, non sono troppo diversi da quelli delle scimmie e come gli altri animali possono anche subire un imprinting da parte della specie che li ha adottati, finendo per assomigliare ai nuovi “genitori”. Per questo nella letteratura si parla di bambini lupo, bambini orso, bambini gazzella o bambini scimmia.

Il primo caso di ragazzo selvaggio risale al 1344, divulgato dal grande naturalista Carlo Linneo e successivamente dal filosofo francese Jean Jaques Rousseau. Alcuni cacciatori ritrovarono tra i lupi un bambino di circa 10 anni e lo portarono dal Principe d’Assia. Ma il caso che fece più clamore risale al 1798, quando fu catturato nei boschi francesi dell’Aveyron un ragazzino selvaggio di 12 anni: completamente nudo, mordeva e graffiava e, chiuso in una stanza, andava avanti e indietro come un animale in gabbia. Affidato a una vedova e poi a un naturalista, per ordine del ministero dell’Interno fu portato a Parigi e rinchiuso nell’Istituto per sordomuti, dove venne prelevato dal medico Jean Itard che ne tentò il recupero comportamentale e linguistico. Egli segnò su un diario tutti i progressi fatti dal ragazzo nel corso di 5 anni.

Progressi limitati, però, nonostante il costante aiuto e presenza. Victor imparò a comunicare ma con una sorta di pantomime (per esempio, se voleva uscire portava il cappotto e il cappello al suo tutore), ma non riuscì mai a parlare. Cominciò a scrivere diverse parole, verbi e aggettivi (gli fu insegnato prima ad accoppiare oggetti ai disegni che li mostravano, poi parole scritte ai disegni), ma mai imparò a usare i termini in modo astratto, cioè applicando le parole in un discorso in assenza degli oggetti o delle emozioni a cui si riferivano.
Morì a Parigi a 40 anni di età.Immagine correlata
Un bambino aveva due anni quando fu adottato da una leopardessa. Tre anni più tardi, un cacciatore uccise la leopardessa e trovò tre cuccioli, uno dei quali era il bambino, che ormai aveva 5 anni. Fu soprannominato Il bambino leopardo. Era il 1912. Fu restituito alla sua famiglia in un piccolo villaggio in India. La prima volta che fu catturato riusciva a correre a quattro zampe veloce come un uomo adulto in posizione eretta. Le sue ginocchia erano coperte da duri calli, le dita dei piedi erano piegate quasi ad angolo retto, e le mani, unghie e polpastrelli erano coperti da una pelle molto dura. Mordeva e aggrediva tutti quelli che gli si avvicinavano, e catturava e mangiava gli uccelli del villaggio, crudi. Non riusciva a parlare, pronunciava solo grugniti e ringhi.

Più tardi imparò a parlare e a camminare in posizione più eretta. Purtroppo divenne gradualmente cieco a causa della cataratta. Tuttavia, questo non fu causato dalle sue esperienze nella giungla, ma era una malattia comune nella sua famiglia.
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Un altro caso fu documentato dal reverendo Joseph Singh, missionario di un orfanotrofio di Midnapore, in India. Nel 1920 il reverendo volle verificare alcune segnalazioni di contadini che riferivano di aver visto due bimbe fra i lupi. Si appostò su un albero fuori da una piccola grotta, dove si sospettava si rifugiassero questi animali. Vide uscire i lupi e subito dopo entrò nella tana, dove trovò due bambine che camminavano a quattro zampe. Una aveva circa 8 anni, l’altra solo un anno e mezzo. Non si sa se fossero sorelle o meno ma si presume siano state abbandonate in periodi diversi.
Queste bimbe, Amala e Kamala,  hanno attirato l’attenzione dei lupi che vivevano in questa zona che ebbero un gesto di protezione continua nei loro confronti. Esse mangiavano solo latte e carne cruda non utilizzando le mani che invece usavano, insieme ai piedi,  per spostarsi.
Amala, la più piccola, morì di nefrite mente Kamala visse ancora otto anni. Imparò a pronunciare 50 parole, a comunicare con i gesti, a ridere e a giocare con altri bambini.

Nel 1933, in una foresta del Salvador, venne trovato un bambino di 5 anni, Jorge Ramirez.  Nudo, capelli lunghi, postura ricurva, vocalizzazioni da scimmia. Battezzato con il nome di Tarzancito, imparò a ripetere alcune parole senza però capirne il significato. Poi, vivendo nella comunità umana, cominciò a lavarsi, a vestirsi a scrivere e a leggere alcune parole, a fare anche semplici conti.

Nel 1992 un ragazzino di circa 15 anni venne avvistato nei pressi di una mandria di bufali nel Parco nazionale Marahouè, in Costa d’Avorio. Non parlava e aveva ginocchia callose, segno di andatura a carponi. «Faceva alcuni versi, emettendo i vocalizzi degli scimpanzé» raccontò il capo dei ranger del Parco. «Non è un demente» assicurò l’assistente sociale dell’ospedale di Boufalé, dove fu ricoverato. Di lui però si persero presto le tracce: secondo un giornalista della televisione nazionale ivoriana, che seguì il caso, fu nascosto da presunti parenti al preciso scopo di preservare i suoi poteri magici, che gli derivavano dalla vicinanza alla natura selvaggia e agli spiriti.

Tra gli ultimi casi segnalati (di attendibilità non chiara) ci sono quelli di John Sebunya in Uganda e di Bello in Nigeria. Il primo scappò di casa quando vide il padre uccidere sua madre a circa 4 anni di età, sopravvisse nella foresta e fu catturato nel 1991 mentre era con un gruppo di cercopitechi verdi che tentarono di difenderlo. Bello fu invece trovato piccolissimo (circa 3 anni) nella foresta di Alore, in Nigeria, nel 1996. Mostrava i comportamenti degli scimpanzé della zona, facendo pensare di essere stato adottato da loro. Nonostante gli sforzi degli educatori, non ha mai imparato a parlare ed è morto nel 2005.
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Tra i ragazzi selvaggi di oggi c’è Ivan Mishukov, soldato dell’esercito russo di 27 anni. Un’infanzia difficile: tra i 4 e i 6 anni ha vissuto con un branco di cani randagi. Si è conquistato la loro fiducia con del cibo e, in cambio, ha ottenuto protezione e calore di notte. Ivan è scappato di casa per sfuggire agli abusi del compagno alcolizzato della madre. Così come l’ucraina Oxana Malaya, oggi trentacinquenne. Entrambi hanno vissuto la tenera età tra i cani randagi e quando sono stati ritrovati camminavano carponi, non parlavano e ringhiavano. Sono riusciti però a superare il passato e a imparare la lingua del loro paese, dimostrandosi individui perfettamente sani, che sono riusciti a integrarsi nella società. 
Anche Madina ha vissuto con i cani dalla nascita fino all’età di 3 anni, condividendo il cibo e dormendo con loro durante il freddo inverno. Quando gli assistenti sociali la trovarono nel 2013, era nuda, camminava a quattro zampe. Il padre di Madina se ne era andato poco dopo la sua nascita. Sua madre, di 23 anni, si era data all’alcol. Era spesso troppo ubriaca per prendersi cura di sua figlia e spesso spariva. Sua madre alcolizzata si sedeva a tavola per mangiare mentre la figlia rosicchiava le ossa sul pavimento con i cani. Così i cani sono diventati i suoi unici amici.

I medici hanno riferito che Madina è mentalmente e fisicamente sana nonostante il suo calvario. C’è una buona probabilità che avrà una vita normale, dopo che avrà imparato a parlare in maniera simile ad un bambino della sua età.
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A questi casi si sono poi aggiunti anche quelli di Rochom P’ngieng, una ragazza cambogiana ritrovata nel 2007 dopo aver vissuto alcuni anni nella giungla (si era persa all’età di 8 anni) e il cosiddetto bird-boy, un bambino di sette anni scoperto nel 2008 nella campagna russa e cresciuto un una casa di due stanze in cui viveva insieme a decine di uccellini in gabbia. Era incapace di parlare: emetteva solo cinguettii.
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Sujit Kumar, denominato l’uomo-pollo delle Fiji. Il nonno non sapendo cosa fare di lui dopo la morte dei genitori, lo ha tenuto rinchiuso in un pollaio dai tre agli otto anni, o che una volta “salvato” ne ha passati ventiquattro legato al letto di un ospizio.Marcos Rodríguez Pantoja, oggi settantaduenne, lamenta l’eccessivo rumore e gli odori nauseabondi da quando vive tra gli uomini. Per 12 anni ha vissuto con i lupi tra le montagne. Orfano di madre, è stato venduto dal padre a un montanaro e alla morte di quest’ultimo è rimasto solo tra le montagne della Sierra Morena. I pochi segreti che aveva appreso dal montanaro però gli hanno salvato la vita: ha imparato a riconoscere erbe, bacche e funghi commestibili e a costruire trappole per catturare la selvaggina. Inoltre, a quanto dice, in poco tempo è riuscito a farsi accettare da un branco di lupi. Il suo racconto sulla vicenda è quantomeno fantasioso, ma in effetti ci sono foto e video che testimoniano il rapporto speciale di quest’uomo con dei lupi, richiamati attraverso una perfetta tecnica di wolf-howling.

Marina Chapman, oggi è una signora di circa 60 anni e anche la sua storia è incredibile. Marina fu rapita, attorno ai cinque anni, forse in Colombia. Abbandonata nella giungla, visse con una famiglia di scimmie cappuccino per circa cinque anni. Si nutriva di bacche, radici e banane, dormiva sugli alberi e camminava a quattro zampe, e quando fu ritrovata, da un gruppo di cacciatori, non riusciva più ad esprimersi con un linguaggio umano.

Quelli che potevano essere i suoi salvatori, in realtà la trattarono come una delle loro prede: la vendettero in un bordello di una città colombiana, in cambio di un pappagallo raro. Lei però riuscì a fuggire e a vivere di espedienti per diversi anni, finché una famiglia la raccolse dalla strada, e la fece diventare la serva di casa. Nel 1977 si trasferirono tutti in Gran Bretagna, dove la donna ebbe la possibilità di formare una famiglia propria. Insieme con la figlia più giovane ha scritto un libro sulla sua esperienza con le scimmie: “The Girl with No Name”, che in Italia è uscito con il titolo La Figlia della Giungla.Storie di 'ragazzi selvaggi' 4

Tutto questo ci fa capire che la voglia di sopravvivere è insita in ognuno di noi, non importa come e per quanto tempo ma dobbiamo aggrapparci a ciò che abbiamo e sfruttarlo al meglio. Non importa chi ci protegge, chi ci nutre, il nostro destino è nelle loro mani (o zampe come in questi casi). Questi esseri che noi denominiamo animali, in modo quasi dispregiativo, si sono presi cura di piccoli bambini allevandoli e nutrendoli come se li avessero concepiti loro.
A loro modo li hanno amati e forse sono stati ricambiati. Chissà!

Tratto da:
https://www.focus.it/ambiente/animali/le-vere-storie-dei-ragazzi-selvaggi

https://www.vanillamagazine.it/5-drammatiche-storie-vere-di-bambini-cresciuti con gli animali

https://www.keblog.it/bambini-ferini-animali-selvatici-fotojuliafullertonebatten

Le foto sono della fotografa londinese Julia Fullerton Batten

Il blog Tiraccontounastoria ha recentemente iniziato una nuova collaborazione con il blog

Marcoscrive, nella sezione dedicata al nuovo progetto Baby Books TuBe, con l’intento di sensibilizzare i bambini sia alla lettura che alla scrittura.

John Sloane: illustratore

Oggi vorrei scrivere qualcosa su questo particolare illustratore americano, cresciuto a Chicago intorno agli anni 50-60.

John Sloane volle essere un artista dal momento in cui seppe tenere in mano una matita. All’età di quattro anni, iniziò a riempire ogni scarto disponibile di carta con disegni. Come iniziò la scuola, gli insegnanti riconobbero subito l’abilità del ragazzo ed lo incoraggiarono a sviluppare i suoi talenti. Mentre era ancora un adolescente, puntò sulla carriera di illustratore. 

Invece di intraprendere un addestramento formale, John entrò all’università per intraprendere un percorso di lettere. Studiò i lavori di grandi artisti americani ed illustratori, mentre sviluppava le sue abilità nel dipingere e nella composizione. Immediatamente dopo la sua laurea, cominciò ad ottenere commissioni indipendenti e creò da allora una clientela fedele di editori e raccoglitori.

Si sposò con Mary Anne e insieme acquistarono una vecchia casa colonica che chiamarono Hearts Haven.

I suoi spunti per il disegno, così come per altri artisti che ho menzionato nel mio blog, vennero cercati e trovati nella campagna circostante. Ogni stagione la natura ci viene incontro, soddisfa ogni nostra esigenza ed è da stimolo per mettere su carta ciò che osserviamo. Le ispirazioni ci sono ovunque.

L’ambiente è un’inspirazione meravigliosa al mio lavoro. Io sono stato affascinato dalla bellezza della campagna e dal cambiamento che fornisce, e la terra mi offre una fonte inesauribile di soggetti. Quando io dipingo un prato o una strada di paese, io sento come se fossi io nel dipinto. Io voglio ritrarre la gioia che sento per la campagna americana. Non c’è niente di più bello del colore di un granaio rosso nella luce del sole contro un cielo blu riempito con nubi bianche. Per me, l’immagine è puramente americana.”

Il suo stile è realistico-naif: spettacolari disegni rurali, natalizi, la natura in tutte le sue stagioni, scene di allegri bimbi e famiglie al completo.

Quello che mi ha colpito ed ho trovato molto particolare sono i disegni da colorare da scaricare online. Non è da tutti realizzare un disegno e sapere che poi verrà rifinito  in maniera non conforme al nostro gusto o alla realtà.

Questo fa di lui un artista particolare.

 

  

 

 
                        Hearts Haven

 
               John Sloane

                  

Andrè the Giant: il gigante buono

Andrè Roussimoff nasce a Grenoble il 19 Maggio del 1946. I genitori, Boris e la moglie Mariann  erano due contadini. Boris proveniva dalla Bulgaria e sua moglie Mariann dalla Polonia.

La loro vita scorreva placida seguendo il ritmo del lavoro nei campi, finché divenne chiaro che il loro figlio, Andrè,  aveva un problema: la sua crescita era abnorme ed evidentemente patologica, tanto che a 12 anni pesava 110 kg, ed era alto 190,5 cm. La sua stazza era dovuta a una secrezione eccessiva di ormone della crescita, che causa il gigantismo nei bambini e l’acromegalia negli adulti.

Ben presto per il ragazzo divenne impossibile salire sul piccolo autobus che faceva il giro delle fattorie, raccogliendo gli alunni e portandoli fino a scuola. L’unico modo per garantire che loro figlio ricevesse un’istruzione sarebbe stato acquistare un’automobile capace di reggere il suo peso per accompagnarlo alle lezioni; sfortunatamente i Roussimoff non avevano i soldi necessari.

Cinque anni prima, però, un irlandese aveva acquistato un terreno vicino alla loro fattoria. Boris Roussimoff gli aveva dato una mano nella costruzione del cottage e da allora erano rimasti in buoni rapporti. Venuto a sapere dei problemi del ragazzo ad arrivare a scuola, l’irlandese si offrì di accompagnarlo con il suo pickup. Così, ogni mattina il gigantesco ragazzo e il vicino di casa percorrevano assieme il tragitto verso l’edificio scolastico.

Questa potrebbe non sembrare una storia tanto straordinaria, se non fosse per l’identità dei due protagonisti. L’irlandese alla guida del furgoncino non era altri che Samuel Beckett. Questi all’epoca aveva già scritto Aspettando Godot, Finale di partita e L’ultimo nastro di Krapp e dieci anni dopo sarebbe stato insignito del Premio Nobel per la Letteratura.

Aveva deciso di ritirarsi in questa ridente e tranquilla cittadina per scrivere i suoi capolavori: una piccola casa spoglia, circondata da un prato di erba finissima, lontana dalle distrazioni della quotidianità con un telefono destinato solo a chiamare, senza possibilità di ricezione.

Il ragazzo dodicenne che viaggiava con lui, invece, avrebbe raggiunto una fama di tutt’altro tenore, diventando un idolo per milioni di bambini con il nome di scena di André The Giant.

Icona del wrestling dagli anni ’70 fino alla sua scomparsa nel 1993, André The Giant resta tuttora uno dei lottatori più riconoscibili e amati. Oltre al wrestling, ha partecipato ad alcuni film e la sua apparizione più famosa è quella nel ruolo di Fezzik, il gigante del film La storia fantastica.

Gigante gentile e di buon cuore con i bambini, ma terribile avversario sul ring, è ricordato da tutti i colleghi con affetto e simpatia.

Nella  vita di André niente era comodo o scontato; non c’erano forchette o coltelli della sua misura, e i viaggi in aereo erano un incubo di ore e ore: durante il volo, il gigante doveva rimanere con la testa piegata per non toccare il soffitto, e il bagno era per lui inaccessibile a causa della sua stazza. Nonostante i problemi che l’acromegalia comportava, André era famoso per la sua generosità e la conviviale allegria. Poteva mangiare 12 bistecche e 15 aragoste, bevendo fino a 150 birre in una sola sera, soltanto per divertire i suoi ospiti.

Il 27 di Gennaio del 1993 André si trovava in Francia, rientrato per assistere ai funerali del padre, quando venne colto nel sonno da un infarto fulminate, per il quale il suo cuore malmesso non riprese a battere.

Fu così che uscì di scena un ragazzone generoso destinato ad esser imprigionato nella parte di un mostruoso gigante, seppur di fama planetaria.

Tratto da:

http://bizzarrobazar.com/tag/andre-the-giant/

Vado a scuola: film-documentario

Con molta curiosità ho visto questo film-documentario e mi ha colpito molto, sia per le vicissitudine dei personaggi sia per le scelte finali.

Narra la storia di 4 bambini, provenienti da varie parti, uniti però dalla stessa sete di conoscenza.

Dalle savane sterminate del Kenya, ai sentieri tortuosi delle montagne dell’Atlante in Marocco, dal caldo soffocante del sud dell’India, ai vertiginosi altopiani della Patagonia, i quattro protagonisti, Jackson, Zahira, Samuel e Carlito sanno che la loro sopravvivenza, dipenderà dalla conoscenza e dall’istruzione scolastica.

Per soddisfare questo desiderio (e come milioni di loro coetanei nel mondo) affrontano, nella maggioranza dei casi quotidianamente, percorsi lunghissimi e spesso pericolosi. Ognuno di loro ha un sogno di emancipazione che nessun ostacolo può frenare

Pascal Plisson, documentarista francese con il rispetto, l’immediatezza e il meravigliato stupore di chi filma gli animali della savana, ha osservato e narrato il lungo e pericoloso cammino verso l’istruzione di questi  quattro bambini.I piccoli protagonisti di questo fantastico documentario sono:

Laikipia – Kenya

Jackson 10 anni, che percorre, mattina e sera con la sorellina, Laila. due chilometri in mezzo alla savana e agli animali selvaggi.

Come un suo insegnante ci racconta, egli è uno studente che ama le sfide, straordinariamente intelligente, capo della sua classe e capitano della squadra di football.

La sua ambizione è vincere una borsa di studio, così che un giorno potrà andare al college.

Jackson sogna di essere così istruito da poter ottenere un buon lavoro e riscattare la sua famiglia dalla povertà. Nel suo sguardo possiamo vedere quello stesso barlume che notiamo negli occhi degli altri bambini che provengono dagli angoli più remoti del mondo, pronti a scavalcare le montagne pur di assicurarsi una istruzione.

Jackson Saikong grazie a una borsa di studio, alloggia un in collegio e non deve più temere gli elefanti E un giorno forse potrà volare in aereo su tutta l’Africa, come sogna da sempre.

Il suo sogno è di diventare un pilota.

Patagonia – Argentina

Carlito, 11 anni, attraversa le pianure della Patagonia su un cavallo, portando con se la sua sorellina.

Carlito non è come gli altri studenti. Ogni mattina l’undicenne si alza all’alba e cavalca, per più di venticinque chilometri, sulle montagne e per i vasti ripiani della Patagonia. Non ha scelta, la sua scuola è in una altra valle, dall’altra parte della montagna. Suo padre Gilberto gli ha comprato un mulo quando lui aveva 6 anni, ed è con questo mulo che il giovane Carlito faceva il suo lungo viaggio quotidiano verso la scuola. 

Poi, quando Carlito ha compiuto 10 anni, Gilberto gli ha regalato un cavallo, Chiverito, uno straordinario compagno di viaggio. Quest’anno, Carlito ha un altro compagno di viaggio, la sorellina Micaela. Avendo solo 6 anni, Micaela è troppo giovane per andare a scuola da sola, ma il prossimo anno, Carlito non frequenterà più la scuola di Chaos Mala e Micaela dovrà fare il suo percorso a cavallo da sola.

Il suo sogno è imparare una professione e riuscire a praticarla a casa sua, nella sua terra. Egli vuole rimanere a vivere e lavorare con la sua famiglia. Egli ama sentirsi al sicuro, ma anche imparare cose nuove e aiutare a migliorare la qualità di vita dei pastori…

Carlito Janez vorrebbe diventare un veterinario, ma non vorrebbe lasciare la sua casa per nessuna ragione al mondo.

Bay of Bengal – India

Samuel, 11 anni, ogni giorno viaggia in India per otto chilometri, anche se non ha l’uso delle gambe, spinto nella sua carrozzina dai due fratelli minori, Emmanuel e Gabriel.

Dopo aver contratto la poliomelite, il dodicenne Samuel non è più riuscito a camminare, ma la sua sete di sapere è così forte, che niente può impedirgli di andare a scuola. Proveniente da una famiglia poverissima di pescatori, lui e suoi due fratelli posseggono uno straordinario coraggio.

Prima di partire, per arrivare puliti e ordinati, i tre ragazzi mettono le loro uniformi in un sacco di plastica, la scuola fornisce una uniforme per studente ogni anno, e prima di arrivare, di nascosto, si cambiano e si accertano che i loro capelli siano a posto.

I due fratelli minori sono stati i primi ad andare a scuola. Ma il desiderio di Samuel di imparare era così grande, che suo padre ha costruito per lui rudimentale sedia a rotelle, così che anche lui possa andare con loro.

La sua sete di sapere era così forte, che niente poteva impedirgli di andare a scuola.

Samuel J. Esther continua il suo percorso scolastico.

Egli vuole diventare un dottore e aiutare gli altri bambini che hanno sofferto per la poliomielite come lui.

Hight Atlas – Marocco

Zahira 11 anni, ogni lunedì con due amiche si fa 4 ore a piedi, lungo sentieri impervi, per arrivare nella città dove c’è il collegio che le ospita fino al venerdì.

Tra i suoi due fratelli e le sue quattro sorelle Zahira spicca, è l’orgoglio e la gioia della sua famiglia.

Dietro a questo si denota una povertà che potremmo definire anche con il termine di miseria, nella quale però non intendono restare passivamente a pietire. Gli spazi che debbono attraversare possono anche apparire affascinanti a chi vive comodamente e trova che dover andare a scuola senza un mezzo motorizzato sia una inutile fatica.

Attraverso l’istruzione, vuole cambiare il suo destino. Aiutare soprattutto le persone bisognose e diseredate- Ella sa esattamente cosa vuole, ed è determinata ad ottenerlo. La scuola è la sola strada per raggiungere i suoi obiettivi.

Zahira Badi è piena di speranze e si entusiasma all’idea di raggiungere il suo sogno di diventare dottore.

Personalmente mi ha commosso notevolmente la lotta del piccolo Samuel che riusciva a frequentare la scuola, dopo ore di cammino, solo perché i fratelli  lo spingevano su una carrozzina sgangherata. Sicuramente avrà sofferto molto durante il cammino ma la voglia di imparare, di conoscere, di affrontare era superiore a tutto! Non voglio nemmeno scordare i due piccoli fratellini minori, che, uniti da un bene indissolubile, hanno aiutato il fratello maggiore in questo desiderio.

E mi ha toccato il cuore la maturità sia di Jakson che di Carlito che si sono addossati responsabilità della sorellina che avevano appresso, sfidando vari ostacoli, con un maturità ineccepibile.

Zahira invece, spinta da una voglia inarrestabile di conoscenza per divulgarla poi ai più bisognosi si è prodigata .

Ha conseguito uno dei suoi primi obiettivi, quello di andare di paese in paese per promulgare la cultura tra i poverissimi villaggi.

Questi 4 bambini sono veri e propri eroi, impavidi condottieri che perseguono la conoscenza animati dalla consapevolezza che l’unico modo per migliorarsi e sopravvivere alla povertà è saper leggere e scrivere.

Ma forse è giusto lasciare che i sogni prendano voce, così come è importante sottolineare che esistono posti in cui le vecchie generazioni si privano di affetti e forza lavoro spingendo le nuove ad andare lontano per investire su un futuro più dignitoso.

La determinazione, la maturità e la solidità di questi bambini sono già tutte presenti.

Sono sorridenti e fiduciosi perché pensano, e a ragione, di avere in mano le redini del proprio futuro.

Tratto da:

https://agiscuola.it/schede-film/item/350-vado-a-scuola.html

http://blog.iodonna.it/scuola/2013/09/23/vado-a-scuola-un-film-da-vedere-soprattutto-per-le-scuole/